dipendenza affettivaIl piacere dell’interdipendenza rimanendo sé stessi

Il piacere dell’interdipendenza rimanendo sé stessi

Il piacere dell’interdipendenza rimanendo sé stessi

Se due individui sono sempre d’accordo su tutto, vi posso assicurare che uno dei due pensa per entrambi” così scriveva Sigmund Freud.


Ogni singola frase può essere uno spunto di riflessione per capire le dinamiche che guidano le relazioni e le eventuali disfunzionalità esistenti nei rapporti in genere.

Se pensiamo alla coppia spesso il nostro pensiero va a quanto è più bello vivere senza conflittualità, in armonia e senza dover per forza chiamare in campo delle vere e proprie dinamiche di potere.

L’eccesso di conflittualità e di aggressività, così come purtroppo la violenza agita nella relazione, trovano purtroppo espressione nelle continue tristi vicende che caratterizzano la cronaca nera; la costante crescita del numero dei femminicidi è un fenomeno preoccupante e che ci impone di fare nuove riflessioni su ciò che sta accadendo. Alla base spesso c’è un bisogno di dominare, controllare e gestire l’altro, di possederlo in qualche modo, cercando di annientarne la personalità fino alla follia assoluta di volerlo annientare del tutto.

Ma non sempre l’assenza di conflittualità corrisponde a un equilibrio, o al benessere della coppia, anzi in alcune circostanze è sinonimo di dipendenza affettiva, sottomissione o comunque sofferenza personale.

Mi capita di vedere coppie nelle quali uno dei due è realmente dominante e non permette all’altro di esprimersi o di far emergere la propria personalità. Ciò non significa che bisogna decidere tutto assieme, che ogni cosa vada condivisa o discussa, ma che esistono degli accordi espliciti o anche implicitamente condivisi, con i quali si possono definire degli ambiti di autonomia decisionale o di azione, senza però che questo corrisponda all’annientamento totale dell’altro. Spesso avviene che dopo un lungo periodo di controllo e dominio l’uno sull’altro, ciò che viene portato in terapia, come richiesta di aiuto, è l’eccessiva passività di uno dei sue soggetti della coppia, che paradossalmente è così per la dinamica che si è venuta a creare.

Le relazioni sbilanciate portano a grandi sofferenze che spesso si manifestano con sintomatologie fisiche di origine psicosomatica (gastrite, colite, cefalea,  ecc…) o con forti stati d’ansia generalizzata.

In altri casi invece la sfera sessuale diventa l’ambito in cui si agiscono le ripicche emotive e, il crollo della libido, o la comparsa di sintomi come vaginiti o disfunzioni erettili ad esempio, rappresentano dei veri e propri tentativi attraverso i quali (inconsciamente o meno) si cerca di mantenere un minimo di controllo nella relazione.

In alcuni casi può comparire anche un vissuto di appiattimento emotivo che ha come effetto primo l’allontanamento totale dall’altro anche se non agito e esplicitato.

“Io ci sono, dipendo da te in tutto e per tutto e non mi posso permettere di agire dire o fare, perché ormai non ne sono più capace”, questo è il vissuto che spesso colgo in uno dei due coniugi.

Rimanere sé stessi permettendo all’altro di esprimersi e di esistere nella relazione è il primo aspetto  di un rapporto basato sul rispetto reciproco. Spesso chi domina o chi soccombe non è consapevole del ruolo assunto e agito nella coppia, a causa di modelli genitoriali o vissuti di attaccamento personale acquisiti durante la crescita. Diventare consapevoli che all’interno della propria di relazione possa esistere una disfunzionalità di base, è il primo passo per mirare ad un cambiamento verso uno stile relazionale più gratificante e adeguato. Se da soli non si riesce a controllare o a gestire questi aspetti si può chiedere l’aiuto di uno psicoterapeuta che possa guidarvi verso nuove modalità relazionali più funzionali al benessere di entrambi.

E come scriveva sempre Sigmund Freud:

Chi ama diventa umile. Coloro che amano hanno, per così dire, dato in pegno una parte del loro narcisismo”.

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